Il recinto dei dodici chiusi

di Antonio Camparada

«…il recinto eccelso aveva innalzato, in un punto scoperto,
bello e grande, in cerchio…
dentro il recinto aveva fatto dodici chiusi,
uno vicino all’altro, stalle di scrofe…
i maschi stavano fuori la notte…
questi eran circa trecentosessanta.»

(Odissea, XIV, 5-20)

C’è chi sostiene che l’astrologia sia una scienza esatta perché, per stendere un oroscopo, gli astrologi sono costretti a sommare e a sottrarre. In realtà l’astrologia è, almeno idealmente, una scienza, perché si avvale di uno strumento strutturato secondo criteri geometrici e matematici di grande precisione e coerenza logica: lo Zodiaco.

E se lo Zodiaco è il frutto di una sintesi semantica estremamente ardita, non per questo però si nega ad un’indagine sviluppata in direzione opposta, analitica, anche minuta e particolareggiata. Ed è proprio questo ciò che intendo dimostrare, tentando di fornire una prima chiave, e insieme di scatenarne altre, che non hanno mai offerto alcun risultato.

Basta sfogliare le pagine delle effemeridi di Raphael, o di Golgge, per rendersi conto del numero altissimo di aspetti che si possono stabilire, con l’effetto di confondere ancor più le carte di un’astrologia che necessita invece di un’energica opera di revisione radicale. Si citano aspetti paradossali, come il semiquintile (36°), che sfido chiunque a distinguere da un semisestile, o il biquintile (144°), che invito di nuovo a distinguere da un quinconce. Ma quali sono gli errori metodologici che stanno alla base di queste complicate classificazioni? Individuarli non costituirà semplice motivo di compiacimento polemico, ma si rivelerà di grande aiuto nella ricerca del criterio esatto.

Gli errori da esaminare sono principalmente due, fra cui uno molto grave. Il primo consiste nel pensare che se un pianeta si trova, diciamo, a 25°43’ di un segno A, esso dovrà necessariamente formare aspetto con un punto situato a 25°43’ di un segno B. Nascono da qui: semisestile (1 o 11 segni di distanza), sestile (2 o 10 segni), quadrato (3 o 9 segni), trigono (4 o 8 segni), quinconce (5 o 7 segni), opposizione (6 segni), grazie ad una convinzione del tutto priva di fondamento.

Il secondo errore, che si osserva purtroppo con una frequenza piuttosto elevata, è assai meno grossolano, e quindi estremamente più pericoloso, e consiste in una mancata distinzione tra ciò che nello Zodiaco è strutturale e ciò che è invece puramente contingente. Si è cioè lavorato sulla base di una suddivisione del cerchio zodiacale in 360 parti come se essa fosse connaturata allo Zodiaco, non accorgendosi che tale suddivisione è invece del tutto arbitraria, e che una circonferenza può essere divisa in un numero qualunque di parti uguali. E dunque, dividendo 360 secondo tutti i suoi divisori fino a 12 – il procedimento corretto è qui stato sfiorato – sono stati definiti: congiunzione (360°:1), opposizione (:2), trigono (:3), quadratura (:4), quintile (:5), sestile (:6), semiquadrato (:8) – il 9, per ragioni non del tutto chiare, è stato risparmiato – semiquintile (:10), semisestile (:12).

Esigenze diverse hanno infine condotto alla creazione di biquintile (quintile x 2) e sesquiquadrato (semiquadrato + quadrato), il primo suggerito forse da esigenze di simmetria, il secondo frutto, molto probabilmente, di un’accanita ricerca dell’aspetto negativissimo.

Il criterio per la determinazione della polarità – positiva o negativa – degli aspetti viene fornito, per quanto riguarda quelli più noti, dall’esame delle caratteristiche del divisore: se tra i fattori del divisore figura il 3, l’aspetto è positivo; se non vi figura, l’aspetto è negativo; la congiunzione costituisce caso a sé. Per quanto concerne poi gli aspetti più astrusi, confesso di non essere in grado di addentrarmi ulteriormente nell’intricato groviglio delle loro misteriose caratteristiche.

In realtà la soluzione della questione degli aspetti è molto più lineare: l’unico numero attraverso il quale possiamo riassumere la struttura zodiacale, indipendentemente da qualsiasi scelta arbitraria, è il 12. Sarà dunque sufficiente suddividere il cerchio zodiacale secondo i divisori di 12 per ottenere l’intera serie degli aspetti:

12:1=12segni(360°)congiunzione
12:2=6segni(180°)opposizione
12:3=4segni(120°)trigono
12:4=3segni(90°)quadratura
12:6=2segni(60°)sestile
12:12=1segno(30°)semisestile

Per quanto riguarda la polarità degli aspetti, rimane valido il criterio esposto sopra: i divisori tra i cui fattori figura il 3 danno origine ad aspetti positivi; i divisori tra i cui fattori non figura il 3 danno origine ad aspetti negativi. La congiunzione è invece ambivalente.

Visto dunque che lo Zodiaco ci offre una chiave così precisa per la deduzione degli aspetti, è naturale attendersi una indicazione parallela per quanto riguarda gli scarti di tolleranza, la cui funzione è quella di impedire che gli aspetti si riducano a fenomeno rarissimo e pressoché istantaneo, e quindi di importanza quasi irrilevante.

E il meccanismo, del resto molto lineare, per ottenere il valore numerico di tali scarti, consiste nel dividere il valore dell’aspetto per la «costante zodiacale» 12, moltiplicandolo successivamente per il numero delle diverse possibilità di localizzazione dell’aspetto stesso, dove con «possibilità di localizzazione» si intende l’insieme delle possibili posizioni del secondo polo di un aspetto del quale si sia fissato il primo. Per esempio, la congiunzione ha una sola possibilità di localizzazione (due pianeti si trovano nello stesso punto zodiacale) e così pure l’opposizione (due pianeti si trovano in due punti zodiacali opposti); per quanto riguarda gli altri aspetti, invece, esistono due possibilità di localizzazione: un pianeta può essere in quadratura ad un altro sia che questo lo preceda di 90°, sia che lo segua di 90°, e così via. Può sembrare strano che gli scarti di tolleranza si dilatino al crescere delle possibilità di localizzazione, ma con tutta probabilità la bilateralità crea una dispersione che deve essere compensata non solo da un’ovvia accresciuta possibilità di esistenza, ma anche da un più ampio scarto nell’aspetto. La divisione per 12 indica probabilmente un processo non unico nello Zodiaco, che i matematici chiamerebbero «abbassamento di grado» e che qui è determinato dal fatto che stiamo operando, per così dire, su distanze-di-distanze.

La mappa dei valori degli scarti è dunque la seguente:

Congiunzione360°: 12 x 1 =30°(15° per difetto e 15° per eccesso)
Opposizione180° : 12 x 1 = 15° (7°30′ per difetto e 7°30′ per eccesso)
Trigono120° : 12 x 2 = 20° (10° per difetto e 10° per eccesso)
Quadrato90° : 12 x 2 = 15° (7°30′ per difetto e 7°30′ per eccesso)
Sestile60° : 12 x 2 = 10° (5° per difetto e 5° per eccesso)
Semisestile30° : 12 x 2 = (2°30′ per difetto e 2°30′ per eccesso)

Desidero concludere questa discussione sugli aspetti prendendo in esame una regola tanto dibattuta quanto diffusa, la quale, sulla scorta di precetti sementovskyani, vuole ridotti o dilatati gli scarti di tolleranza a seconda dei pianeti considerati, e altera così l’equilibrio creato dal rapporto inverso tra le possibilità che un aspetto ha di verificarsi e la durata dell’aspetto stesso. Consideriamo a questo proposito, per esempio, una congiunzione Sole-Urano e una congiunzione Urano-Nettuno. La prima si verifica una volta all’anno e, considerando che Urano è, rispetto al Sole, quasi fermo, e che il Sole percorre circa 1 grado al giorno, possiamo concludere che la congiunzione Sole -Urano – scarto di tolleranza 30° – dura un mese. In 180 anni (l’intervallo tra due successive congiunzioni Urano-Nettuno) abbiamo dunque complessivamente 180 mesi, cioè circa 15 anni, di congiunzione tra Sole e Urano. Nello stesso periodo, come ho già accennato, si verifica invece una sola congiunzione Urano-Nettuno, proprio della durata di 15 anni. E ancora: in 180 anni, la rapidissima Luna forma 2433 congiunzioni con Urano della durata di circa 53 ore ciascuna, per un totale di 5373 giorni circa: 15 anni. Mi pare inutile sottolineare ancora l’indipendenza dei valori degli scarti di tolleranza dalla velocità dei pianeti in questione.

Da quanto è stato esposto fin qui è emersa con estrema chiarezza l’assoluta falsità di qualunque illazione che si fondi su una suddivisione del cerchio zodiacale in 360 parti, suddivisione che lo Zodiaco rifiuta immancabilmente. L’unità di misura che invece lo Zodiaco ci indica come propria è una grado-centoquaranta­quattresima parte di un angolo giro, derivante da una suddivisione in 12 parti del cerchio zodiacale, i segni, e da un’ulteriore suddivisione in 12 parti di ciascun segno. Possiamo chiamare questa nuova unità zod. Quindi: 1 zod = 2°30′. Questa correzione può, facie prima, apparire una questione di parole del tutto gratuita, ma non lo è affatto: non solo ne avremo conferma tra breve, a proposito della disposizione dei pianeti nei segni, ma, in campo più specificamente astrologico, si rivelerà senz’altro di notevole utilità nella ricerca dell’esatta posizione dei diversi «punti» zodiacali. Mi sta inoltre a cuore precisare che mi sono limitato a due sole successive suddivisioni in 12 parti unicamente perché lo Zodiaco non sembra indicare la necessità di suddivisioni minori: se ne potranno naturalmente praticare qualora sorga l’esigenza (che, lo ribadisco, vedo tutt’al più come astrologica, non zodiacale) di misurazioni più precise, come per le longitudini dei pianeti in transito, ma per questo scopo, del resto, funziona benissimo anche il grado normale. Resta comunque sempre da chiarire se lo Zodiaco ammetta spazi minori di 1 zod e, in caso di risposta positiva, se esita un quantum e quale sia il suo valore.

L’importanza della digressione appena terminata risulterà evidentissima nel corso della trattazione dell’argomento che mi accingo ora a presentare: la disposizione dei pianeti nei segni.

Da un punto di vista metodologico, questo studio deve essere suddiviso in due momenti distinti: un primo momento riguarda un’identificazione qualitativa della disposizione dei pianeti in domicilio e in esaltazione, in termini cioè di «primi gradi», «gradi centrali» e «ultimi gradi»; in seguito si tratterà di definire quantitativamente le espressioni generiche appena usate tra virgolette. A mio parere entrambe le questioni possono essere risolte attraverso la semplice osservazione dello Zodiaco, e cioè senza apporti empirici derivanti dall’astrologia, se non come stimolo per l’intuizione. Identificare la quantità di gradi, meglio di zod, corrispondente ad ogni posizione planetaria attraverso il semplice studio dello Zodiaco può forse sembrare un obiettivo troppo ambizioso, ma sono sinceramente convinto che lo sia in misura assai minore del tentativo di rispondere all’interrogativo attraverso constatazioni empiriche.

La posizione dei pianeti all’interno di ciascun segno zodiacale è già stata ipotizzata da Lisa Morpurgo sulla scorta di osservazioni di meccanica elementare: i pianeti in domicilio primario sono situati nei primi gradi di ogni segno, quelli in esaltazione nei gradi centrali, quelli in domicilio base negli ultimi gradi. Esiste, in alternativa, un’ipotesi particolarmente avvincente: suddividendo lo Zodiaco in due metà – da Leone a Capricorno e da Aquario a Cancro – nella prima parte i domicili sono esposti, diciamo, regolarmente, come è stato descritto più sopra; nella seconda parte, invece, la disposizione è ribaltata, invertita. Questa seconda ipotesi, se applicata fino in fondo, condurrebbe ad uno sconvolgimento totale dell’impalcatura dialettica dello Zodiaco, proponendo opposizioni «a canale» anziché diametrali, e finirebbe quindi per negare lo Zodiaco stesso, e con esso la sua possibilità di esistere.

La disposizione dei pianeti è dunque, con tutta probabilità, identica per qualsiasi segno. Mi riservo tuttavia un parere per quanto riguarda i segni estremi – Cancro e Leone – e controestremi – Capricorno e Aquario – per i quali non sono affatto convinto che valga la soluzione accettata per tutti gli altri segni.

Rimangono ora da discutere i problemi relativi ad una definizione quantitativa delle suddivisioni dei segni, e anche qui sono possibili, in linea generale, due diverse soluzioni: i tre pianeti che, tralasciando il caso particolare degli estremi, si dividono ciascun segno, occupano spazi uguali di 10° (4 zod) ciascuno oppure occupano spazi differenti, parallelamente al loro grado di «dignità»? Poiché mi pare assai improbabile che lo Zodiaco non sottolinei anche attraverso la disposizione per gradi le differenze di «dignità» tra i pianeti, sono decisamente a favore della seconda soluzione. E, con tutta probabilità, la quantità di spazio assegnata a ciascun pianeta si ricava da una successione che ricalca la successione spaziale dei pianeti stessi nei segni. Ogni segno, si è stabilito, occupa 12 zod: quale successione di numeri naturali dà, sommandone i membri, il totale di 12? Una, ed è la successione 5-4-3. Il primo pianeta, quello in domicilio primario, occuperà dunque 5 zod, cioè 12°30’; il secondo, quello in esaltazione, 4 zod, cioè 10°; l’ultimo, quello in domicilio base, 3 zod, cioè 7°30’. La verifica sperimentale pare confermare clamorosa­mente questi dati.

Queste righe sono state scritte
per coloro che pretendono
di penetrare
il mistero del recinto dei dodici chiusi
interrogando i trecentosessanta porci
che non vi hanno mai messo piede.

Articolo pubblicato sul numero 2 (luglio 1979) della rivista Zodiaco.
Sono state mantenute le illustrazioni originali.
Purtroppo non siamo riusciti a rintracciare l’autore dell’articolo per chiedere l’autorizzazione scritta alla pubblicazione. Ce ne scusiamo con l’interessato e siamo a disposizione nel caso volesse contattarci.